2024 Autore: Harry Day | [email protected]. Ultima modifica: 2023-12-17 15:48
I limiti del terapeuta come possibile risorsa
Lo psicoterapeuta usa la propria sensibilità
rileva i "punti di non libertà" del cliente.
Oggi voglio speculare su una frase famosa tra gli psicoterapeuti: "Nella psicoterapia con un cliente, non si può avanzare più in là di quanto lo psicoterapeuta abbia fatto per la sua strada".
Non voglio contestare o dimostrare la verità di questa frase. Lo accetto come un assioma, più volte messo alla prova nel corso della mia pluriennale esperienza terapeutica.
Qui vorrei parlare di come il terapeuta nel suo lavoro può scoprire questi suoi limiti e cosa farne?
Le seguenti domande riflessive possono aiutarlo a scoprire i suoi limiti professionali:
- Quali fenomeni ho paura di incontrare in terapia? (Violazione dei confini, vicinanza, separazione, rifiuto, solitudine…?);
- Quali sentimenti è difficile per me provare in terapia? (rabbia, colpa, vergogna, rabbia, disprezzo…);
- Con quali clienti è più difficile lavorare? (Borderline, narcisistico, ossessivo, depressivo…);
- Su quali argomenti dei clienti sto perdendo sensibilità? (Crisi, traumi, scelte, dipendenze…).
La domanda centrale qui, secondo me, è la seguente:
Come faccio a perdere la mia libertà terapeutica? A che punto del processo terapeutico divento non libero?
La mancanza di libertà terapeutica può manifestarsi in varie modalità che il terapeuta poco compreso:
- Nelle sensazioni (sensazione di tensione, imbarazzo, ansia);
- A livello corporeo (rigidità corporea, tensione nel corpo, perdita del "senso corporeo");
- Emotivamente (rabbia, paura, vergogna, apatia);
- Cognitivamente (impotenza, vicolo cieco, sensazione di "muoversi in cerchio").
Esempio. Un terapeuta con un'aggressività non elaborata in terapia perderà la libertà terapeutica nelle situazioni in cui si verifica l'aggressività. E poi può solo reagire polare - o aggressivamente, rispondendo con aggressività all'aggressività, o congelandosi, cercando in tutti i modi di evitare situazioni di aggressione in terapia. Sia l'una che la seconda polarità indicate portano alla rottura del contatto terapeutico.
Lo psicoterapeuta, con l'aiuto della propria sensibilità, scopre i “punti di non libertà” del cliente che rendono la sua vita stereotipata e stereotipata, e crea opportunità per lui nel contatto terapeutico per andare oltre i confini della sua “matrice nevrotica”. Processi simili si svolgono nella supervisione, dove il supervisore, insieme al terapeuta, ricerca e indaga i punti della mancanza di libertà del terapeuta.
Quanto sopra non significa affatto che un buon terapeuta dovrebbe essere universale e risolto al cento per cento. Un buon terapeuta conosce i suoi limiti. Avendo incontrato i punti della sua mancanza di libertà nel processo terapeutico, li nota, li realizza e in futuro li risolve nella sua terapia e supervisione personale, o definisce più chiaramente per sé e per i potenziali clienti il confine del suo professionista capacità, indicando nel suo questionario preferenze e limiti nel lavoro. Ad esempio, non lavoro con clienti dipendenti.
Conoscete i vostri "punti di non libertà", colleghi?
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