​ Il Nobile Achille E Il Dorso Di Una Tartaruga

​ Il Nobile Achille E Il Dorso Di Una Tartaruga
​ Il Nobile Achille E Il Dorso Di Una Tartaruga
Anonim

Nobile Achille e il dorso di una tartaruga.

Ora sei lontano, non puoi vederti da lì, non puoi sentire i tuoi suoni e non c'è il senso degli odori, non c'è apparenza e nome, non c'è ombra, non c'è dubbio. La chiave batte monotonamente il dito, il cuore batte monotono, morendo nei momenti di attrazione volontaria, un calderone fuso ronza in lontananza, la sera si avvicina. Quanti anni hai camminato lungo questa strada verso il nulla senza cambiare traccia, senza lasciar cadere una briciola dietro di te, il corvo nero non può trovarti giù, quanti giorni hai trascorso sulla strada fermo, guardando le immagini mutevoli del miriade di stelle che fluttuano nell'infinito alle tue spalle quanto ancora vivrai nutrendoti degli insegnamenti degli studenti che non hanno raggiunto la lavagna. Non rispondere, non preoccuparti, tutte le risposte sono già nelle tue mani, guardale, le rune sono state coperte di testi per tutta la vita, non puoi cancellarle o lavarle via, anche se a chi sto dicendo tutto questo, tu sai già tutto, perché tu non l'hai mai letto dalle mie mani, non le hai nutrito il mattino, non hai scolpito il giorno, non hai calmato la sera, e non hai perdonato la notte, non le hai applicate al mio faccia e non ho bevuto da loro la saggezza del tempo, non mi sono riempito di offerte generose di parole scolpite sulle pieghe delle tue palme tremanti… Un giorno, incontrerai te stesso lungo la strada. E respingerai questa immagine odiosa che si è presentata sulla tua strada in un giorno perfettamente inventato. Forse, ti precipiterai davanti a questo monumento di cultura plastica, frusciando con una borsa d'aria e il bordo delle tue ciglia, farai cadere una scintilla, sentendo un fuoco di vergogna sulla tua schiena. Indubbiamente, vorrai credere che tutto questo non era e non è, che questa fatica nelle articolazioni, questo è solo un sogno di un acrobata sotto la cupola di un circo, stringerai forte le palpebre, sussurrerai piano il nome magico sotto la lingua e respira profondamente, come quello che si è dimenticato di respirare, ti girerai deciso e non vedrai nulla. Fanculo. La delusione per l'avverarsi del desiderio per l'incoerenza perduta, di nuovo spaventata. Da quanto tempo ti vedi? Cosa ti sei detto prima di separarti? Ti ricordi il tuo nome? Dove ti sei mandato allora, non sei ora. Sei ancora sulla buona strada. E tu aspetti alla stazione, incontrando e salutando i treni, controllando l'orario, studiando i visitatori, fondendosi con il rombo delle vibrazioni. Sembra che tu ti sia dimenticato qui, proprio qui, in mezzo a questo spazio infinito, vuoto, risuonante di silenzio, invisibile come te, unito al tuo dolore, dimenticato, abbandonato, inviato nell'attesa eterna di te stesso. E tu? Qual è il problema con te adesso? Sei ancora vivo? Dicono che qualcuno ti abbia visto camminare su una bussola con una mappa logora nella tasca dei pantaloni, dicono che avevi fretta di andare da qualche parte per qualche motivo sconosciuto, qualcuno ha visto le parole uscire dalle tue labbra, ma non potevano sentire qualsiasi cosa, solo il digrignare dei denti frettolosi, gli occhi mutevoli e le mani irrequiete che aprono la strada, ributtando indietro i boschetti di significati, aromi e nuove tendenze, schermando gli occhi con palme impolverate dai fantasmi di se stessi, qua e là, che emergono da da nessuna parte, richiamando a casa, per sedersi a tavola, scaldarsi, espirare. Stai in piedi cieco guardando il sole, bruciando parole sulla retina dei tuoi occhi che non ti sei degnato di leggere, stai dietro la schiena, per via, camminando sul posto come un nobile Achille dell'aporia di Zenone, incapace di raggiungete la tartaruga del tempo che scorre lentamente, voi due correte oltre l'orizzonte, uno dall'ombra, l'altro - dietro l'ombra. Se ti incontri ai margini del mondo, ti schiaccerai l'un l'altro e non sarai in grado di far posto alla persona in arrivo senza riconoscerti in esso, e cadrai nell'abisso dell'impossibilità dell'autoconoscenza.

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